venerdì 5 giugno 2015

Il gioco delle fonti e dei rimandi: ovvero la fotografia come cultura dell'immagine


 
Sandro Bini, Galizia, 2009

A dispetto di taluni a cui posso apparire il solito “saputello” di fronte a un’immagine fotografica dopo un primo impatto estetico ed emotivo che solitamente assorbo in silenzio (perché trovo ci sia poco da dire ma tanto da sentire) si attiva subito nella mia testa quello che voglio chiamare il “gioco delle fonti e dei rimandi” ovvero la ricerca delle possibili matrici visive e culturali dell’immagine: una sorta di “fotografia comparata” che cerca paragoni e parentele, filiazioni ed eredità. Per alcuni questo gioco può apparire addirittura svilente come una sorta di negazione del genio e dell’originalità autoriale, mentre a me appare un modo anche divertente per cogliere “la differenza” nella comparazione, la novità nella continuità. Non voglio solo ribadire Geoff Dyer e il suo fantastico discorso sul repertorio fotografico fatto di autori, di temi e  del loro ritorno a distanza di spazio e di tempo, ma anche sottolineare come la fotografia sia davvero relazione ed esperienza, ma che questa relazione e che questa esperienza siano sempre mediate da immagini che sono patrimonio visivo di chi li ha viste e conosciute. Insomma l’esperito è solo uno degli ingredienti del fotografico la cultura dell’immagine rimane per me sostanziale e altrettanto decisiva. Ammetto infine che l’esegesi emotiva, psicologica e sentimentale delle e sulle immagini fotografiche non sia il mio forte, faccio fatica ad esprimere quello che vedo e sento, ma credo che questo gioco culturale che metto in atto e che mi permette di approssimarmi al segreto di una immagine senza mai rivelarlo possa aiutare ad aprire orizzonti e percorsi di senso anche in tale direzione.

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