martedì 21 luglio 2009

Tutti al mare: strategie ironico-negative per sfuggire allo stereotipo della foto di vacanza



Con le ferie estive tutti rispolveriamo le nostre attrezzature fotografiche. E tutti realizziamo le fotografie delle nostre vacanze. Il problema dello stereotipo formale della fotografia di vacanza (per altro verso antropologicamente assai interessante) sta nel fatto stesso di essere in vacanza ed è quasi praticamente impossibile sfuggirvi, anche per i fotografi culturalmente più preparati. Mi spiego meglio: indossati gli abiti del vacanziere europeo modelliamo su quella esperienza la nostra visione, con pochissime vie di scampo, al di là delle capacità fotografiche di ciascuno. Ho vissuto a più volte sulla mia pelle questo tipo di strees e delusione al ritorno da un viaggio e vi parlo quindi con cognizione di causa e ho tentato nel tempo differenti strategie di fuga. La migliore? Non andare in vacanza e fotografare le città semivuote… Ma a parte gli scherzi, per non essere così drastici e autolesionisti (un po' di meritato riposo perbacco!), ho provato anche un tirocinio tutto in negativo elaborando alcune strategie operative che vorrei raccontarvi . La prima: non pensare di essere in vacanza ma in viaggio fotografico, insomma come se vi fosse assegnato un incarico da qualche Agenzia, e strutturare quindi la vacanza come fosse un lavoro su commissione. Ma se è un lavoro allora che vacanza è?! E poi, si sa, le bugie hanno le gambe corte e si finisce ugualmente a fotografare i tramonti sul mare e la fidanzata davanti al monumento di turno. Seconda strategia, al limite dello stoicismo: cercare programmaticamente di non fare gli scatti che abitualmente da turisti saremmo tentati di fare. Mica facile resistere! E dove sta il limite? E poi in che modo? Ho tentato con due diverse tattiche. La prima, cercando di costruire un diario visivo molto intimo e personale trascurando in maniera metodica tutto il“fotograficamente corretto” e il turisticamente passabile, (sul modello di “American Surfaces” di Stephen Shore ). Ma chi non amasse fotografare cessi e tavoli sporchi di autogrill e dormire in alberghi di quart’ordine? Rimane la tattica alternativa: fotografare gli altri turisti, coloro dalla cui visione stereotipata vorremmo allontanarci, sul modello del mitico Martin Parr, che in “Small World” (il suo libro dedicato al Turismo) arriva addirittura a costruire consapevolmente immagini streotipate sul modello turistico e con gli “errori” tecnici e compositivi tipici della fotografia familiare. Ma siete proprio sicuri di volerlo fare? Rischierete psicologicamente di brutto vedendo “da fuori” tutto ciò di cui fate parte! E tornando a casa forse non sareste più gli stessi. Mah! L’ultima terza e risolutiva opzione è la più dolorosa per i fanatici dell’obbiettivo: lasciate la vostra macchina fotografica a casa e spassatevela! Tanto vi rimane ancora quella sul cellulare per cedere alle lusinghe turistico-fotografiche con minori sensi di colpa (pare infatti che quest’ultimo sia direttamente proporzionale alla quantità di tecnologia utlizzata per fotografare le proprie vacanze e anche su questo ci sarebbe da indagare...). Le due immagini inedite a commento di questo post sono estratte dalle cartelle delle mie ultime due vacanze estive in Sicilia nel 2007 e in Scozia nel 2008 e vogliono essere un contributo visivo alle strategie ironiche elencate. Buone Vacanze a tutti!